lunedì 20 gennaio 2020

Luca Ricolfi - La società signorile di massa


Luca Ricolfi - La società signorile di massa

Luca Ricolfi, professore di Analisi dei Dati all'Università di Torino, intitola con un ossimoro il suo saggio basato su un'attenta analisi della società italiana contemporanea e delle sue caratteristiche uniche tra i paesi dell'OCSE.

Le considerazioni di partenza, ben documentate dall'autore con fonti autorevoli esplicitate nella sezione note, sono le seguenti:
- nel 2018 i cittadini italiani che NON si trovano in condizioni di povertà assoluta sono il 94%;
- quelli con età maggiore di 14 anni "inattivi" - italiani che non lavorano - sono il 52% sul totale dei residenti (cittadini italiani + stranieri residenti).
  meno del 40% sono i cittadini che lavorano, ed 8 su 10 di loro svolgono attività a tempo pieno e più che pieno (straordinari e doppio lavoro),
- gli stranieri residenti sono l'8% della popolazione sopra i 14 anni, ed il 33% di loro è in condizioni di povertà assoluta.

La prima condizione che definisce la società signorile di massa, più inoccupati che occupati, risale al lontano 1964 (l'anno della "congiuntura", primo calo del PIL): seppur si assista alla prima riduzione di posti di lavoro (e contemporaneamente alla crescita di popolazione) la disoccupazione non aumenta.
Le fasce deboli della forza lavoro (giovani, donne, anziani) si ritirano dal mercato, probabilmente a causa del benessere generato dal miracolo economico degli anni precedenti.
L'eccezionalità del nostro paese è rappresentata dal fatto che ancora oggi in tutti i paesi avanzati (tranne la Grecia) il numero delle persone occupate eccede quello degli inoccupati.

La seconda condizione è quella che Ricolfi definisce "signorile": l'accesso a consumi opulenti da parte di cittadini che non lavorano diventa fenomeno di massa.
Nei decenni, il tipo di consumi si è spostato dai beni di sussistenza a beni voluttuari la cui essenza varia frequentemente e si sposta verso i servizi.
Seconda macchina, seconda casa, numerosi weekend lunghi, attrezzature sportive costose, elettronica, corsi per i figli, cibi alternativi, medici alternativi, e così via.
Ricolfi propone il seguente come metro per definire realizzata la seconda condizione: "..quando il consumo dei cittadini che eccede i bisogni essenziali supera di tre volte il livello di sussistenza..". Da quando si è verificata questa situazione (1999-2000) c'è stata un'esplosione di consumi e modi di vita che si possono definire opulenti.
Poiché la maggioranza che non lavora è legata a quella che lavora da rapporti famigliari, ecco che anche gli inoccupati godono dell'opulenza di famiglia: a differenza dei periodi storici precedenti, dove i nobili (i signori) vivevano di rendita ma erano una piccola minoranza, oggi "i signori", inoccupati che godono del surplus, sono più dei suoi produttori (gli occupati).

La terza condizione indicata da Ricolfi è l'arresto della crescita del sistema economico, verificatasi dal 2008 sino ad oggi.
La torta non cresce, quindi c'è una continua competizione dove il gioco è a somma zero.
A differenza dei periodi storici nei quali la crescita era insignificante, ma la divisione in classi era rigida e priva di ascensore sociale, oggi ruoli ed istituzioni cambiano continuamente: ma per uno che sale, l'altro scende. Cambiamento incessante senza crescita.

Una volta definito che la nostra è una società signorile di massa, Ricolfi si chiede su quali pilastri possa appoggiarsi per non essersi subito disgregata.

Il più importante lo identifica nell'enorme ricchezza reale e finanziaria accumulata dalle generazioni di chi ha fatto la guerra e quella immediatamente successiva.
Il potere d'acquisto delle famiglie rispetto agli anni 50 è quadruplicato, ed il numero di componenti è crollato.
E' significativo che questa rincorsa si sia fermata al 1992, la fine della prima repubblica: il potere d'acquisto da allora non è cambiato significativamente.
Il lavoro ed il risparmio delle generazioni della guerra e del dopoguerra, insieme alla loro capacità di risparmiare, "..ha permesso alle famiglie di accumulare un ingente patrimonio fatto di case, depositi, azioni, obbligazioni e titoli di stato..": ma da soli non bastano a spiegare l'enorme ricchezza accumulata!
Sorprendentemente la dobbiamo all'incredibile espansione del debito pubblico ed alle bolle speculative.
Le sovvenzioni statali e le corpose cedole pagate sui titoli pubblici (1964-1994) hanno di fatto trasformato una parte dei cittadini da lavoratori a percettori di rendite.
Dal 1994 la ricchezza delle famiglie ha continuato a crescere (a differenza del reddito) per effetto della rivalutazione degli asset (leggi il valore degli immobili).
Con lo scoppio delle bolle del 2007 e 2011 ".. la ricchezza cresciuta su se stessa inizia a sgonfiarsi.."
Se il potere d'acquisto del reddito non è cambiato dall'inizio degli anni 90, il valore reale della ricchezza è aumentato del 20%: siamo tra i paesi più patrimonializzati d'Europa.

Il secondo per Ricolfi è la distruzione della scuola e la disoccupazione volontaria.
Questo tema è sviscerato nel testo poiché, in quanto prima studente e poi professore, l'autore "gioca in casa".
Dalla fine degli anni '60 in poi le riforme scolastiche hanno seguito l'obiettivo di consentire al maggior numero di alunni la possibilità di raggiungere diplomi universitari indipendentemente dal tipo di istituti frequentati in precedenza.
Abolita la distinzione tra ginnasi, medie e avviamento, tra licei e scuole professionali, di fatto oggi per avere la stessa "preparazione" necessaria ad ottenere un posto di lavoro qualificato bisogna raddoppiare gli anni di studio (in precedenza a 14 anni chi aveva frequentato l'avviamento ERA IN GRADO di svolgere un lavoro perché aveva acquisito competenze specifiche)
Un primo mezzo utilizzato per raggiungere l'obiettivo è stato "abbassare l'asticella" del livello effettivo di istruzione: verifiche più semplici, eliminazione di esami, la promozione obbligata.
La liberazione degli accessi universitari (1969) ha reso i percorsi di studio più facili ed ha suscitato false illusioni in genitori che spingevano i figli a scegliere corsi di laurea prestigiosi senza prima commisurarli alle proprie forze e determinazione.
Qui scatta la trappola in cui cadono oggi i giovani laureati sul mercato del lavoro: se ho ottenuto un certificato di laurea che attesta io possa svolgere una certa professione non c'è motivo di pensare che io non ne sia all'altezza!
Ma le imprese e i mercati non la pensano così: per svolgere certi incarichi bisogna averne le capacità.
L'autore ci ricorda che di recente in un concorso pubblico rivolto ai laureati in giurisprudenza nessuno dei candidati ha superato la prova scritta: la motivazione addotta dalla commissione è stata "impreparati  non solo sugli argomenti, ma incapaci di scrivere senza commettere errori di ortografia e sintassi".
D'altro canto il lodevole obiettivo di rendere "più democratica" la scuola permettendo a tutte le classi sociali un accesso più semplice ai corsi è fallito e si è trasformato in un boomerang: scadendo la qualità dei titoli "pubblici", le classi agiate si  sono rivolte alle scuole private il cui accesso è molto più costoso ma i cui titoli sono considerati validi dal mondo delle imprese, provocando così un'ulteriore danno ai ceti popolari.
Prodotto di tutto ciò è la disoccupazione volontaria: "...un lavoro viene rifiutato non perché la proposta sia palesemente irricevibile" - fare il pony express per un laureato in chimica - "ma in quanto non ritenuto all'altezza delle proprie capacità, del proprio talento o dello standard di reddito adeguato ai propri studi..."
Ricolfi ricorda Pierre Bourdieu che negli anni 70 per primo descrive un fenomeno oggi comune nella società del benessere caratterizzata dall'istruzione di massa:" l'individuo che si sdoppia fra un finto-sé che scende a compromessi accontentandosi di sbancare il lunario ed un vero-sé che si pensa protagonista di un'altra vita nella quale svolge una professione che gli compete".
Secondo l'autore oggi si è passati oltre: la dimensione immaginaria diventa quella reale e si risolve nella pura e semplice rinuncia al lavoro.
Non più "faccio il taxista ma in realtà sono un ottimo medico perché ho la laurea", ma "non faccio nulla perché nessuno mi offre il posto alla mia altezza"
E' la "classe disagiata" e può permettersi di non lavorare perché la ricchezza accumulata dai padri glielo permette.
L'Italia ha oggi il record europeo di NEET (not in employmen, education or training), cioè giovani che non studiano, lavorano o seguono percorsi di formazione: il 30%, dal doppio al triplo degli altri paesi (Grecia esclusa).

(**) Mi preme evidenziare un'analisi che ho trascurato nei precedenti paragrafi: Ricolfi ritiene che tra le due sia andata meglio alla riforma delle scuole primarie e secondarie rispetto a quella dell'università: in tutte "si è abbassata l'asticella", ma nell'università si sono anche ridotti i programmi.
Mentre abbassare soltanto l'asticella fa si che chi ne ha voglia possa comunque studiare e prepararsi ad un buon livello, la riduzione dei programmi produce un minor livello di preparazione per tutti gli studenti, volenterosi e no.

Il terzo pilastro è l'infrastruttura para-schiavista che Ricolfi definisce ".. una serie di situazioni nelle quali parte della popolazione residente (in genere stranieri) si trova collocata in ruoli servili o di iper sfruttamento a beneficio di cittadini italiani..."
- Lavoratori stagionali specie nel sud (stima circa 200.000 persone)
- Prostitute - in maggioranza straniere - sottomesse ad organizzazioni criminali (50.000 unità)
- persone di servizio, colf o badanti (2 milioni dei quali 1.100.000 in nero): poiché spesso prestano servizio presso più di una famiglia, si stimano in 3.5 milioni le famiglie che vi fanno ricorso (il 13% delle famiglie italiane).  Altre stime parlano di 7 milioni, una famiglia su 4.
(**) Ricolfi sottolinea l'ipocrisia del "politically correct" nel termine COLF: collaborare significa aiutare a svolgere una mansione, ma la datrice di lavoro in genere "non collabora".
- Dipendenti in nero addetti a mansioni pesanti usuranti o sgradevoli sottopagati e licenziabili in tronco: braccianti, lavoranti nell'edilizia, addetti alla consegna di mobili ed elettrodomestici e beni pesanti per conto di grandi catene, sotto il comando di "padroncini" (450.000 persone)
Sommando le 4 categorie viste finora si arriva a 3 milioni di persone, in maggioranza straniere, e quasi tutte sotto la soglia di povertà.
- spacciatori di sostanze tossiche (al termine della filiera): spesso anch'essi tossici. Su 8 milioni stimati di consumatori si stimano 100.000 spacciatori in condizioni "para-schiaviste".
- i motori della GIG economy: consegne a domicilio di cibo, libri, ecc. Le vittime della "algo-crazia", coloro che dipendono da un algoritmo che stabilisce ritmi di lavoro e soggetti a contratti capestro senza tutele. Non fatica fisica ma ritmi stressanti. (1 milione)
- esternalizzazione di servizi: soci/dipendenti di cooperative, co.co.co., con salari estremamente bassi. (1.2 milioni)
Per concludere l'entità stimata della struttura para-schiavista sarebbe pari a 3.5 milioni di persone, cioè 1 occupato su 7.

Ricolfi a questo punto si chiede se per caso la società signorile di massa non sia la realizzazione della profezia di Keynes, che un secolo fa' immaginava per i nostri giorni l'essersi verificato un aumento della produttività sufficiente a ridurre gli orari di lavoro a 15 ore settimanali (e si chiedeva anche come avremmo utilizzato il tempo libero).
Abbiamo utilizzato l'aumento di produttività (8 volte) per aumentare sì i consumi, ma in parte per ridurre il lavoro (dimezzando il tempo di lavoro): tuttavia il dimezzamento del tempo di lavoro non è avvenuto attraverso il dimezzamento dell'orario giornaliero ma attraverso la divisione della popolazione tra una minoranza di lavoratori/iper lavoratori ed una maggioranza di non-lavoratori!
Non solo per cause "fisiologiche" (meno opportunità di lavoro femminile non specializzato, scolarizzazione di massa, aumento degli anziani), ma pure per libere scelte dei cittadini: tendenza degli adulti ad andare in pensione anticipatamente e dei giovani a presentarsi tardi sul mercato del lavoro.
Quindi oggi il lavoro è molto più concentrato di un tempo.
Ricolfi, dati alla mano, dimostra che il vituperato "aumento delle diseguaglianze del reddito" non si sia verificato (la concentrazione del reddito rimane stabile) ma sia aumentata quella del lavoro: chi lavora, lavora di più di una volta.
"..Invece di usare la cultura per riempire il tempo libero, come auspicavano Keynes e Russell, si è scelto di usare i consumi per attrezzarlo..."
Consumiamo per non annoiarci beni e servizi il cui scopo primario è aiutarci a riempire il tempo libero.
Quindi riempire il tempo libero costa!
Gary Becker già negli anni '60 immaginò le famiglie come centri di produzione: alcuni beni e servizi non si comprano finiti ma devono esser perfezionati, richiedono partecipazione diretta del consumatore (es mobili Ikea): il "prosumer" (producer & consumer) di A. Toffler.
Nella società signorile di massa il tempo libero richiede di essere attrezzato per esser usufruito (vado al mare e devo avere una serie di accessori, guidare la macchina, preparare la muta, ecc)

Circa la dimensione della povertà in Italia, parlando solo di cittadini italiani qui residenti, l'ISTAT ci dice siano il 5.3%.
Tuttavia di queste solo il 60% hanno chiesto il reddito di cittadinanza (quindi la percentuale scende al 3.2%): possiamo stimare che il valore effettivo stia a metà tra questi due, il 4.7%.
Dunque le famiglie italiane NON povere sono circa il 96%, e sono quelle dove si manifesta il "consumo signorile" (anche se in gradi diversi).
Ora sicuramente alcune di queste famiglie non saranno benestanti, ma è ragionevole presuppore che lo sia più del 50%: ecco il perchè la specificazione "di massa" usata nel titolo.

Le manifestazioni del consumo signorile:
- casa proprietà, automobile e vacanze (ripetuti weekend lunghi oltre alle ferie riguardano il 50% degli italiani)
- il food: preparazione di cibi, corsi di cucina, street food, aperitivi, salutismo, locali dedicati a cibi speciali. I consumi si trasformano da "funzionali" ad "aspirazionali"
- fitness: palestre personal trainers, chirurgia estetica, prodotti "anti aging"
- servizi cui ricorrono le famiglie: per svago! acquisti on line su amazon, food delivery, servizi babysitting / dog sitting, car sitting, badanti.
Dopo la crisi i membri delle famiglie massimizzano il benessere familiare (per contenere i costi) attraverso tre nuovi metodi:
  1) ricerca e super utilizzo di sconti (outlet, balck friday, raccolte punti)
  2) esternalizzazione di funzioni (acquisti on line e di cibi a domicilio) per ricorrere meno alle colf
  3) delega del lavoro di cura alle badanti: +30% badanti contro +10% anziani
- internet e dispositivi tecnologici: siamo i primi per utenti unici di cellulari e 9 su 10 siamo connessi ad internet (90% del tempo per giocare)
  in ciò molto simili ai nobili dei tempi antichi.
- consumo di droghe e sostanze psicoattive (legali e non):alcool fuori pasto, cannabis, cocaina, eroina, droghe sintetiche.
Alcol coinvolge il 16% della popolazione > 11 anni (il "binge drinking" quasi l'8%)
Stupefacenti: per l'ISTAT 6 milioni utenti della cannabis e 2 milioni delle altre (spesa media annua 2000 euro)
- il gioco d'azzardo (da sempre privilegio dei signori): dal 2003 (2% della popolazione) è esploso arrivando al 10%.
I telequiz dei primi anni 2000 hanno presentato il gioco d'azzardo come a costo zero (non si perde), e fatto da apripista a quello "pagante".
Il paradosso è che il gioco d'azzardo è fondamentale fattore di aumento delle diseguaglianze economiche.
Su 16 milioni di giocatori, la media delle giocate è di 6700 euro / anno: si spende al gioco quanto si spende per mangiare.

Ricolfi a questo punto ci fa notare che oggi più di metà del consumo totale (460 mld su 800 mld) è sostenuto da redditi che non provengono dal lavoro:
223 pensioni
111 pensioni assistenziali
  15 trasferimenti alle famiglie
  23 interessi
  88 vincite al gioco
-----
460 totale redditi non da lavoro

A questi redditi va aggiunto l'effetto della ricchezza, che ricordiamo sia pari ad 8 volte il reddito annuo: le "spalle coperte" ci spingono a spendere con più scioltezza.

La profonda trasformazione del tipo di consumi e la loro recente esplosione sono sicuramente determinati da un cambiamento di mentalità.
Negli anni '50 Gregory Bareson formulava la teoria del "double bind" (il doppio vincolo): una situazione in cui due esseri umani comunicano sistematicamente con messaggi contraddittori perchè a un livello veicolano un contenuto, e ad un altro livello quello opposto.
L'autore ritiene tratto distintivo della società signorile di massa un doppio legame che si instaura tra produttori e non produttori.
I produttori sono autonomi perché si sostengono con i proventi del lavoro MA sono in rapporto di obbligazione con i propri famigliari (e con lo Stato cui consegnano la metà del loro prodotto sotto forma di imposte).
Hanno il privilegio di non dipendere dalla benevolenza altrui ma patiscono l'obbligo (per consuetudine o per legge) di render possibile il consumo signorile (accesso al surplus da parte dei non produttori).
I non-produttori hanno invece il privilegio di consumare senza lavorare ma dipendono dalla benevolenza dei produttori.
Da qui la coesistenza di due visioni opposte di ciò che accade, una vittimistica ed una stigmatizzante, entrambe utilizzabili per descrivere sia la condizione del produttore che del non-produttore:
- giovane laureato che non lavora (non produttore): descrivibile sia come "bamboccione" perché approfitta delle risorse familiari (parassitismo) che vittima della tragedia generazionale di esclusione dal mercato del lavoro (obbligazione)
- il padre lavoratore o il nonno con la pensione che mantengono l'intera famiglia descrivibili sia come vittime (tirano la carretta) che come privilegiati (autonomia dagli altri).
- la moglie inoccupata che può sentirsi sia una signora (non devo lavorare) che una vittima di discriminazioni di genere sul mercato del lavoro.
Tutto ciò crea conflittualità.
La sociologia contemporanea descrive la società oramai sempre meno un insieme di posti: dunque l'individuo non è più definito dal posto che occupa o dal suo ruolo.
Nella società italiana descritta da Ricolfi alla domanda "chi sono io" c'è una risposta duplice che crea destabilizzazione (come mai prevale sempre il registro vittimistico, si chiede l'autore?)
Anche l'immagine di noi stessi che possono avere altri è intrinsecamente instabile, tant'è che l'autore afferma che ".. la società signorile di massa, non poggiando sulla roccia dura delle posizioni sociali occupate da ciascuno, è esposta a tutti i venti della comunicazione e dell'interazione sociale..., venti che nell'era di internet sono diventati ingovernabili..".

Tale doppio legame non è diffuso omogeneamente: le tensioni più forti si hanno nei ceti medio alti del nord, e tra genitori e figli maschi (le femmine studiano di più e con maggior profitto).
Proviamo ad immaginarci un caso tipico: un giovane del ceto medio viene indotto dai genitori a prendere comunque un diploma (che raggiunge pur con difficoltà); il pezzo di carta "certifica sue competenze" e pertanto matura aspettative di occupare una posizione sociale almeno come quella dei genitori e trovare un lavoro all'altezza del titolo.
Affacciatosi al mercato del lavoro scopre che i datori di lavoro non danno per scontate le competenze certificate dal titolo di studio, e che gli stipendi offerti sono inferiori a quelli dei suoi genitori (e della sua soglia personale di accettazione).
L'abbassarsi dell'asticella nella scuola ha reso indistinguibili i giovani preparati da coloro che non lo sono, e circa il livello di stipendi già nel 1976 G. Fuà segnalava che in Italia gli standard salariali (quindi tenore di vita) superiore alle sue capacità produttive: nel lungo periodo tale situazione avrebbe generato posti di lavoro precari e sottopagati.

NB: In realtà non è stato così perché negli anni 90 per entrare nell'euro abbiamo dovuto frenare la corsa del debito pubblico e dunque l'espansione dei consumi finanziata dalla spesa in deficit

Non crescendo più la torta, le posizioni sociali pregiate sono rimaste numericamente le stesse, ma l'ascensore sociale non è fermo (figlio di contadini sarà contadino e figlio di signore sarà signore): per uno che sale un altro deve scendere!
In contemporanea l'aumento delle persone con titolo di studio crea aspirazioni irrealistiche.
E' l' "amarezza della classe disagiata" (R.A. Ventura)
Presa coscienza della situazione reale, al giovane resta la scelta tra prendere una decisione razionale (accettare un lavoro al di sotto delle sue aspettative, sacrificando l'immagine che si era fatto di se stesso) oppure interrompere la ricerca di lavoro (la disoccupazione volontaria che da crescere il numero dei NEET)

Ricolfi si chiede a questo punto se sia davvero irrazionale la scelta NEET oppure sia iper-razionale: la famiglia del giovane, padre madre e figlio, ha un reddito vicino a quello medio (46.000 euro/anno) ed entità del patrimonio familiare vicina alla media (390.000 euro)
La situazione in famiglia è cordiale ed i genitori sono disponibili a finanziare i consumi del figlio.
Reddito familiare + patrimonio familiare + benevolenza familiare: lasciando da parte la questione morale, la scelta NEET è la più razionale.
Perché rinunciare a condurre una vita piacevole?
Si potrebbe rispondere perché il giovane deve pensare al suo futuro: e qui entra in gioco la prospettiva di ereditare che rende razionale la scelta NEET.  Ereditare tra l'altro un patrimonio consistente giustifica la scelta di "darsi tempo", prendere con comodo la scuola, aspettare a lungo l'occasione di lavoro che si desidera.   I genitori finché saranno vivi non gli fanno mancare nulla, e dopo il patrimonio familiare sarà solo suo.
Tutto ciò spiegherebbe la presenza della disoccupazione volontaria e la comparsa dei NEET nei paesi sviluppati, ma il caso dell'Italia è diverso: qui i NEET sono più del doppio di quelli degli altri paesi europei.

La ragione è nel fatto che siamo il paese europeo in cui è maggiore "l'eredità attesa", la quantità di patrimonio che il giovane si aspetta di ereditare, e che dipende da:
- grado di patrimonializzazione delle famiglie
- peso degli anziani sulla popolazione totale
- peso dei giovani sulla popolazione totale
L'Italia è l'unico paese europeo a registrare i valori più elevati di tutte e tre queste variabili.
Ricolfi stima il "flusso successorio" (annuo) pari a  250 mld, cioè 14% del PIL: la ricchezza ogni anno passa nelle mani di una generazione che ha una propensione al consumo più alta rispetto ai precedenti detentori.

Tuttavia sta succedendo qualcosa di nuovo che modifica il quadro: la volontà di godersi la vita, caratteristica della iGen (generazione iperconnessa descritta da J. Twenge), sta conquistando l'intera società, anziani compresi, modificandone la mente.
La pubblicità di prodotti per anziani conquista ampi spazi.
La propensione al risparmio, stabile intorno al 12/13% sino al 2008, oggi si attesta all'8%: durante la crisi si è ridotta per sostenere il livello dei consumi, poi ... non si è più rialzata.
Abbiamo osservato esplosione di consumi quali food, ristorazione, vacanze brevi, palestre e fitness, internet, abuso di alcool e di sostanze.
Ricorsi a servizi domestici, badanti, gioco d'azzardo, e quanto già indicato in precedenza.
Questa espansione dei consumi non è determinata soltanto dai giovani, ma pure dai loro genitori e nonni che rinunciano a risparmiare per godersi la vita: tutto ciò è successo ad ondate, 2003-2004, 2007, 2009, 2014.

Come è stato finanziata questa espansione?
- riducendo le voci tradizionali dei consumi
- riducendo il risparmio
- smobilizzando ricchezza accumulata
- indebitandosi ricorrendo al credito al consumo
- ricercando con metodo promozioni, outlet e sconti
- evadendo le tasse
- passando dalla cultura del possesso a quella dell'uso, azzerando gli acquisti di beni capitali, casa (seconda casa), auto, smarphone.
Affitti, leasing, buyback, car sharing, ride sharing, car pooling, contratti mensili, ecc.
L'altra faccia della cultura dell'uso è rappresentata dal mettere a frutto i beni posseduti (air B&B, coach surf, agriturismo dove c'è un'azienda, seconda casa data in affitto, ecc ecc.   Non diverso dai nobili in decadenza che affittavano i propri castelli!
Invece di risparmio e sacrifici per progetti che si realizzano in tempi lunghi (acquisto della casa), ricerca di ottenere reddito dalle cose stesse, senza apporto di lavoro, e sperimentazione di sempre nuove forme di consumo.
Hic et nunc: scomparendo l'attesa, scompare anche il desiderio, e quindi l'accesso alla felicità (H. E. Marano).  La felicità si raggiunge un attimo prima di aver ottenuto ciò che desideriamo: se l'attesa è lunga, questo attimo è maggiore, altrimenti è solo un soffio (A Nation of Winps, primi anni 2000).   Quel che si ha non è mai abbastanza!

La società signorile di massa è individualista come tutte le società democratico liberali in quanto i suoi membri tendono a seguire l'autorealizzazione, tuttavia con significato diverso: invece che in campo professionale, sportivo, culturale (che comporta sacrifici ed attese), oggi l'autorealizzazione significa scegliersi un terreno di gioco legato al consumo ed al modo di impegnare il tempo libero cercando di esser qualcuno su quel terreno.  Sono attività gratificanti che non comportano attese: ieri si leggevano libri, oggi si va a veder parlare l'autore ad esempio.
Sono attività che hanno in sé stesse la propria ricompensa.
Invece di puntare ad una posizione cui si ambisce, ci si sforza di trovare una nicchia in cui emergere e convincere gli altri del valore di quella nicchia (ricerca dei followers su internet): da cui la moda dei selfies e di inondare i socials di foto che ci ritraggono o ritraggono cosa facciamo.
A questa attività - autopromozione ed esibizione del consumo - dedichiamo un mare di tempo!
La condivisione fa si che ciò che potrebbe apparire vanità o esibizione sia invece travestito da premura, partecipazione e socialità.
Ma la condivisione originariamente aveva significato di rinunciare a qualcosa di intero per dividerlo con gli altri, implicava una rinuncia.
La nuova condivisione non implica rinunce perché chi condivide non si priva di alcunché (semmai invade la vita altrui).

Al "che mestiere fai" si è sostituito il "che vita fai": l'arena del confronto si è ampliata con l'esplosione di nuove forme di consumo, ed il confrontarsi solo sul terreno delle posizioni professionali in una economia che non cresce non da soddisfazione.
Internet ha creato un'arena immensa e dato la spinta decisiva a questa trasformazione.

L'individualismo ha meccanismi di compensazione quali la generosità e l'altruismo.
Tuttavia oggi si preferiscono forme di altruismo che non richiedono impegni diretti, contatti con i destinatari della nostra solidarietà: adozioni a distanza, donazioni, raccolte di fondi.
Al contrario negli USA viene talvolta utilizzata l'empatia come compensazione, l'opposto della solidarietà fra estranei.
Altro esempio è il "politicamente corretto".
Tutti questi meccanismi ci fanno sentire buoni e giusti ed irrobustiscono la nostra autostima, componente essenziale del progetto di realizzare sé stessi.
Tuttavia mentre la cultura civica del primo novecento viaggiava dal basso verso l'alto attraverso la rete delle associazioni, il "policy correct" viaggia in senso inverso, dalle élites che spiegano alle masse come dovrebbero vivere: la risposta individualista al declino della cultura civica.

In Italia il correttivo è il volontariato, per Ricolfi la più compiuta espressione dell'individualismo: nell'altruismo l'autorealizzazione di molti.
Se poi c'è anche un compiacimento auto ostentatorio, questo non compromette gli effetti benefici: mostrare conformità ai diktat morali imperanti ed esporre le nostre vite.

Comunicare e mostrare i consumi non è altro che una richiesta di attenzione.

Quali paesi soddisfano tutte e 3 le condizioni della società signorile di massa (maggioranza non lavoratori, opulenza, stagnazione)?
Solo l'Italia.
Sembrerebbe che la società signorile di massa possa essere il punto di arrivo di un'evoluzione (tipo quella descritta da Keyness e Russell), tuttavia in quella italiana ci sono rilevanti zone d'ombra.
I problemi intrinseci ed ineliminabili sono 2:
- finché rimangono lavori gravosi, pericolosi e stressanti che non si riescono ad automatizzare indispensabile struttura para-schiavista
- effetti psicologici negativi della stagnazione insieme alla concentrazione del lavoro su una minoranza: doppio legame all'interno della famiglia tra produttori e consumatori di reddito, presenza del subconscio successorio tra i giovani che favorisce i neet, invidia sociale e "carpe diem" indotti dalla consapevolezza che il futuro non sarà migliore del passato e quindi "mors tua vita mea".
Nella società opulenta, una volta ampiamente soddisfatti i bisogni primari, cresce il peso dei "beni posizionali" il cui valore è dato dal fatto che siano riservati ad una minoranza (ed il cui possessore si convince di "occupare un posto nel mondo illuminato"): tuttavia questi beni possono fornire soddisfazione solo fino a quando la loro disponibilità è limitata.
Oggi anche questi sono diventati di massa, dunque "distinguersi" è diventato difficile!

Per i ceti medio-bassi, la strategia seguita è quella di cercare nicchie di consumo e di vita in cui potersi sentire qualcuno (micro influencer).
Postare video su FB di una guida spericolata, entrare in una tribù alimentare.
E. Currid-Halkett ritiene si sia formato un nuovo tipo di élite e una nuova classe sociale: la "classe aspirazionale" che invece d basarsi su una condizione economica si fonda sulla condizione etica ed estetica (un "capitale culturale" identificato dal tipo di alimentazione, di letture, attività fisica, tipologia di allattamento, ecc ecc).  Paradossalmente, anche se più attenta all'ambiente ed alla sostenibilità, le sue abitudini creano più divisioni nella società, quindi aumentano le diseguaglianze!
Per i ceti altissimi invece (1% della popolazione) la strategia è quella opposta: minimalismo, frugalità, artigianalità, essenzialità spoglia.
Il lusso di una vita nascosta.

Caratteristiche italiane della SSM (società signorile di massa):

1) il dualismo N-S.
La società signorile ha accentuato il divario Nord-Sud: opulenza al centro nord (immerso nella civiltà del lavoro), mentre il consumo del surplus da parte dei non produttori è prevalente al sud.  Società opulenta e operosa al nord, non pienamente opulenta ma già inoperosa al sud.
Economia sommersa (200 mld) ed economia illegale (? mld) fanno sì che al sud aumenti la diseguaglianza tra "il mondo di sopra" (che accede al consumo signorile perché evade le tasse e ignora le leggi) ed il "mondo di sotto" (che fornisce al primo la forza lavoro e manovalanza criminale).

2) Il tratto culturale con cui si è affermata la società signorile di massa è il vittimismo con cui pensiamo a noi stessi quando parliamo di giovani, povertà, precarietà e diseguaglianze.
Quello tipico del nord vede nell'inefficienza, sprechi, corruzione ed illegalità del sud la causa dei mali dell'Italia.
Quello del Sud che si descrive come abbandonato da tutti, afflitto da povertà, emarginazione e precarietà.

3) la diversa struttura dei consumi (modello di impiego del tempo libero).
Per Keyness-Russell più tempo libero avrebbe determinato un aumento della cultura.
- in Italia siamo agli ultimi posti secondo gli indicatori del livello di istruzione (meno laureati di noi solo il Messico e Romania)
- nell'uso della rete privilegiamo il telefonino al PC (il quale orientato a svago)
- diffusissimo il gioco d'azzardo
Siamo un paese che non studia, non legge ma gioca!

La società signorile di massa potrà mantenersi in questo equilibrio?
Polanyi negli anni '40 formulò l'idea che il capitalismo sia solo una parentesi nella storia dell'umanità.
Il mercato è infatti solo uno dei metodi di regolazione dei rapporti reciproci: gli altri sono la redistribuzione e la reciprocità.
La crescita potrebbe quindi essere solo una parentesi di 2 secoli nell'intera storia dell'umanità.
Tuttavia restare opulenti senza crescere si scontra con due difficoltà:
- l'attuale società non è "fredda" (Levy Strauss) come quelle del passato in assenza di crescita. Tutto cambia rapidamente e dobbiamo mutare continuamente abitudini.
- l'economia della nostra nazione è aperta quindi abbiamo bisogno di finanziare sui mercati internazionali il nostro debito pubblico monstre e di importare materie prime e produzioni non nazionali.  Una crisi di fiducia farebbe aumentare il costo del finanziamento del debito pubblico, e senza esportazioni competitive non potremmo finanziare le importazioni.
Senza crescita del PIL il costo del finanziamento del debito pubblico cresce.
Le nostre esportazioni devono reggere la concorrenza degli altri paesi, quindi la nostra produttività deve crescere ad un ritmo almeno eguale a quello degli altri paesi.
In Italia la produttività del lavoro è ferma da 20 anni (unico paese del mondo!)
Perchè? Pur in presenza di progresso tecnologico, forse la iper-normazione ha agito da freno.
Giuseppe Schlintzer parla di "paradosso della produttività".  La "devolution all'italiana" con il decentramento amministrativo del 1997 insieme all'enorme mole delle direttive EU ha modificato l'ambiente in cui le imprese sono costrette a muoversi.
Una parabola simile alla nostra è stata seguita dal Belgio che anche lui negli anni '90 è passato ad un assetto federale.

Il futuro: se non agiamo sulla produttività la stagnazione si trasformerà in declino lento (una "argentinizzazione" del paese) ed aumento di povertà.
Aumenta aspettativa di vita e se si è lavorato poco le riserve si assottigliano e la pensione potrebbe non bastare.
Inoltre il patrimonio della famiglia si assottiglierà con l'andar del tempo.

Alcuni confidano in un futuro dove le macchine lavoreranno al posto nostro e lo Stato potrà distribuire un "basci income" (un vero reddito di cittadinanza).
Tuttavia nel presente non solo ci sono lavori non automatizzabili, ma il tasso di occupazione nelle economie avanzate è cresciuto!
Addirittura nei paesi più ricchi si lavora di più (Norvegia Svezia e Svizzera tasso di occupazione al 70%, noi sotto 45%) e ciò dimostra che la prosperità conduce ad un aumento di lavoro, non il contrario.
Noi da mezzo secolo viviamo al di sopra delle nostre possibilità.
La società di oggi è più ricca di quella di qualche decennio fa, il wellfare è maggiore, i consumi di gran lunga maggiori!
Da vent'anni le diseguaglianze di reddito sono della stressa entità (in verità un pochino diminuite)
I giovani "esclusi cui è stato rubato il futuro" sono anche in parte giovani la cui ricchezza accumulata dai genitori permette di non fare nulla.
Rifiutiamo di prender coscienza di noi stessi perché se lo facessimo non potremmo più presentarci come vittime e dovremmo riconoscere le ombre del benessere come l'esistenza di una struttura para-schiavista che lo permettono.
Una società che spende più nel gioco d'azzardo che nella Sanità.
Paradossalmente il racconto vittimistico oggi in voga nel futuro potrebbe diventare realtà.


sabato 29 settembre 2018

Nuova età dell’oro - Ian Goldin & Chris Lutarna

Nuova età dell’oro

Ian Goldin & Chris Kutarna




Ho incontrato Ian Goldin a Sarzana, il primo sabato di settembre 2018, in occasione del festival della Mente

Ian, originario del Sud Africa emigrato in Francia in quanto oppositore dell’apartheid -  è stato consulente di Nelson Mandela ed ha avuto

Ha presentato questo libro

sabato 25 agosto 2018

Buchi neri e salti temporali- Kip Thorne

Buchi neri e salti temporali

Kip Thorne




Si tratta di una carrellata temporale della fisica dal 700 (quando si scoprì il modo di calcolare la velocità di fuga a partire dalla conoscenza dell’ampiezza di un’orbita e la velocità orbitale (che permette di calcolare la massa, e conseguente calcolo teorico di velocità di fuga superiori a quella della luce) sino ad oggi
La maggioranza dei saggio riporta scritti datati negli anni ‘90

giovedì 26 luglio 2018

L’algoritmo definitivo - Pedro Domingos

L’algoritmo definitivo

Pedro Domingos




L’algoritmo definitivo del titolo è un machine learner universale, un moderno “sacro graal” e cioè un algoritmo in grado di programmare se stesso (in grado quindi di automatizzare le scoperte)


La diffusione dei learners oggi è globale: ogni volta che riceviamo un suggerimento da amazon, da facebook, twitter, netflix, praticamente quasi ogni volta che usiamo un PC, entra in gioco il machine learning

Una volta per ottenere che un pc svolgesse un qualsiasi compito era necessario scrivere un algorimo che definisse nei particolari cosa dovesse fare in ogni occasione

I learners invece capiscono direttamente dai dati cosa devono fare (i pc si “autoprogrammano”)

Quando Amazon vi consiglia un articolo nessuno ha inserito i vostri gusti nel sistema di suggerimento: un algoritmo li ha carpiti da solo basandosi sulla disponibilità dei dati di ciò che avete comprato in passato (determinante l’accessibilità al database storico delle vendite di amazon)

Tutto si basa sulla predictive analisys: per noi umani è facile prevedere dove arriverà la palla che ci è stata tirata (e di conseguenza afferrarla al volo senza dover risolvere un’equazione basata su una formula di fisica). Ci sono poi cose del tutto imprevedibili: in mezzo a queste due situazioni c’è un’enorme regione dove opera il machine learning

Per la stragrande maggioranza i learner sono un mistero: tutti sanno utilizzare Siri ma pochissimi sanno come funziona

Anche a persone preparate sembra che i learners  siano solo bravi a trovare correlazioni avendo a disposizione i big data (tra i quali le nostre impronte digitali, o gran parte di queste)

Ricordiamo il caso dell’algoritmo usato dai magazzini Target che ha fatto mandare a casa di una ragazzina pubblicità di prodotti per l’infanzia prima ancora che i genitori - e lei stessa - sapessero che era incinta (per l’algoritmo il suo profilo di comportamento su internet era molto simile a quello di una donna gravida!)

Oggi sono pochi a conoscere i componenti equivalenti di un learner ed ancora meno chi li sa usare

Questo saggio si propone di dare un “modello concettuale” (definizione di Don Norman) dei machine learners: con questa espressione si intende il minimo di conoscenza di una tecnologia di cui abbiamo bisogno per usarla efficacemente (ad es cio che ci insegnano a scuola guida per condurre con efficacia un automezzo)


È importante sapere che i learners non sono tutti eguali per cui i risultati, a partire dagli stessi dati, possono esser diversi.

Immaginiamo ad es di utilizzare gli algoritmi di amazon e di netflix per farci suggerire un nuovo libro che intercetti i ns gusti all’interno di una libreria tradizionale:

Amazon ci porterebbe in una zona che abbiamo già visitato

Netflix invece in una zona nuova ma alla fine ci farebbe trovare qualcosa di gradito

Il suo algoritmo ha una comprensione più dettagliata dei nostri gusti, quindi migliore di quello di Amazon, ma non per questo ad Amazon converrebbe adottarlo!

Il modello di business delle due realtà è diverso: 

Netflix non ha convenienza a vendervi block busters per i quali non ha particolari sconti negli acquisti, per cui si è “evoluto” per cercare di trovare un modo per suggerirci produzioni secondarie che intercettino i nostri gusti

amazon invece ha contratti vantaggiosi anche con le grandi case editrici e può “risparmiar fatica” attingendo ai sicuri best sellers

Il corollario di tutto ciò è che oggi chi veramente decide cosa leggerà il pubblico sono questi algoritmi! (Ci manipolano in un certo senso)

Ogni anno sono centinaia i nuovi algoritmi che vengono inventati, ma si possono raggruppare in 5 correnti:

1) simbolisti (si ispirano alla filosofia ed alla psicologia): apprendimento = inverso della deduzione

Algoritmo: la deduzione inversa

2) connessionisti: prendono spunto dalle neuroscienze e dalla fisica per compiere un’operazione di reverse engineering del cervello

Algoritmo: retropropagazione

3) evoluzionisti: si ispirano alla genetica e biologia evolutiva per realizzare simulazioni numeriche dell’evoluzione

Algoritmo: programmazione genetica

4) bayesiani: si basano sulla statistica, per cui sono convinti che apprendimento = forma di inferenza probabilistica

Algoritmo: inferenza Bayesiana

5) analogisti: psicologia e ottimizzazione matematica, sono convinti che si impari da estrapolazioni basate su criteri di somiglianza

Algoritmo: macchina a vettori di supporto


Ognuno di questi algoritmi è indicato per compiti specifici ma non per tutti: un algoritmo che combini le proprietà fondamentali di tutti e 5 (e quindi vada bene per assolvere tutti i compiti) sarebbe l’algoritmo definitivo del titolo


La rivoluzione del machine learning.

L’integrazione continua di nuovi algoritmi con quelli preesistenti (ad es gli aggiornamenti di un sistema operativo) ci pone di fronte a 3 rischi riconducibili ad un concetto unico: la complessità 

- la complessità spaziale: se l’algoritmo crece troppo di dimensioni in termini di memoria, il pc si blocca

- la complessità temporale: il tempo necessario ad ottenere un risultato. Se cresce troppo l’algoritmo è inutile

- la complessità umana: più è complicato l’algoritmo più è soggetto ad errori di programmazione, ed a un certo punto non riusciamo più a “immaginarlo nella sua intierezza” ed a prevedere errori di programmazione

Una soluzione a questi problemi di complessità può venire dal learner:

L’algoritmo classico ha un input (dati) un processo (le istruzioni che lo costituiscono) ed un output (il risultato)

Il learner funziona al contrario: si parte dai dati e dal risultato desiderato e si ottiene l’algoritmo necessario per passare dagli uni agli altri

In pratica i learners sono algoritmi che  creano altri algoritmi: i computer scrivono i programmi!


Ad es noi sappiamo scrivere a mano e guidare una macchina, ma sono capacità subcoscienti e non sappiamo spiegare come si fa ad un pc

Con un numero sufficiente di esempi un learner impara da solo (seguendo modalità differenti da quelle che usiamo noi, più adatte ai pc che alle nostre cellule)

Quindi prima caratteristica dei learner: per funzionare necessitano di tantissimi dati (big data)

La specialità di alcuni learner è la conoscenza, altri abilità pratiche

Il machine learning è indicato con termini diversi a seconda degli usi: pattern recognition, modellizzazione statistica, data mining, scoperta della conoscenza, predictive analisys, data science, sistemi adattivi, sistemi auto-organizzati ecc

Il machine learning è un settore dell’IA (che si propone di insegnare ai computer a fare ciò che attualmente gli esseri umani sanno fare meglio dei pc): ma in questo contesto l’apprendimento è la qualità più importante

Ecco una descrizione interessante dell’ecosistema dell’elaborazione dei dati:

Crawler: i suoi hd contengono una copia del web

Indicizzatore: crea elenco pagine in cui compare una data parola

Database: 

Algoritmi statistici e analitici: compattano e filtrano i dati e li trasformano in informazione

Learners: prendono l’informazione e la trasformano in conoscenza

Mentre l’informatica si basa sul pensiero deterministico, Il machine learning obbliga a pensare statisticamente (l’etichettatura di spam alle emails è sicura al 99%....)

La rivoluzione industriale ha automatizzato il lavoro manuale, quella informatica il lavoro intellettuale, il machine learning l’automazione stessa.

Le aziende quando superano una certa dimensione richiedono troppa complessità per poter fare a meno di un learner

Evoluzione: i pc hanno reso possibile internet che ha creato una valanga di dati da cui il problema della scelta illimitata. La valanga di dati attravero il learning risolve il problema della scelta illimitata

Il dark side di questa situazione è che anche se vi sembra di esser voi a scegliere, il 99,9% della selezione è stato fatto a monte dagli algoritmi

Infine il machine learning è un doping applicato al mondo scientifico: automatizza le scoperte disponendo di enormi moli di dati, li trasforma in conoscenza

La sfida è organizzare le informazioni in un tutto coerente

In passato gli scienziati si servivano di modelli limitati come la regressione lineare: ma sappiamo che la maggioranza dei fenomeni di questo mondo non sono rappresentabili con una retta.

I learners danno accesso ai modelli non lineari

In politica I learners sono stati usati dai tempi della rielezione di Obama. I modelli si stanno raffinando e presto permetteranno una rivoluzione copernicana: scegliere i candidati in base al profilo degli elettori (cosa che non è detto sia la migliore ndr)

Cyberwar: la debolezza dei learners è che se un attacco è di tipo mai visto non hanno esempi precedenti da cui imparare

Si limiteranno ad elaborare modelli di comportamento normale e segnalare le anomalie

Nsa: nei primi anni dello scorso decennio effettuava ricerche per parole chiave sui miliardi di comunicazioni intercettati ogni giorno.  

Attualmente usa learners combinati con la teoria dei giochi


Vita 3.0 - Max Tegmark

Vita 3.0
Max Tegmark



Dopo aver letto il saggio “Percezioni” di Beau Lotto che mi ha aggiornato sullo stato dell’arte delle neuroscienze, il libro postumo “il fiume della conoscenza “ di Oliver Sachs, scritto nella sua prosa delicata ed empatica, che tratta tra gli altri argomenti l’essenza stessa del fenomeno che ne da il titolo, “L’algoritmo definitivo” di Pedro Domingos, un’introduzione all’AI alle reti neurali ed al machine learning (abbastanza complicato per le mie nozioni), non poteva mancare questo saggio che si interroga sul significato dell’AI in relazione al genere umano
Lo trovo scorrevole e di facile lettura (forse perché le difficoltà nell’assimilare i concetti del saggio precedente hanno ... spianato la strada)

Si parte con la definizione delle 3 fasi della vita.
La vita è definita come un processo che può conservare la propria complessità e replicarsi: ciò che viene replicato non è la materia (composta da atomi) ma l’informazione (fatta di bit) che specifica come sono configurati gli atomi
La complessità crescente della vita è causata dall’evoluzione che ricompensa la vita abbastanza complessa da prevedere e sfruttare le regolarità del proprio ambiente: al crescere della complessità di un ambiente si evolve una vita più complessa ed intelligente; questa vita più intelligente crea un ambiente ancora più complesso ecc ecc

Vita 1.0 (biologica): sopravvive e si replica
Non può riprogettare ne il proprio hardware ne il proprio software: entrambi sono determinati dal dna e cambiano solo per effetto dell’evoluzione su tempi molto lunghi 
Hardware e software derivano dall’evoluzione anziché da un progetto

Vita 2.0 (culturale): è in grado di progettare il proprio software, come apprendere nuove competenze anche complesse ed aggiornare la propria visione del mondo ed i propri fini
Hardware frutto dell’evoluzione, software in gran parte progettato
Siamo noi: le ns sinapsi immagazzinano circa 100 terabyte di info, il dna circa 1 gigabyte
Vita 2.0 è più intelligente di vita 1.0 e si adatta più velocemente alle trasformazioni ambientali
Abbiamo sviluppato tecnologie molto potenti, ma il limite stà nell’attuale incapacità di determinare la lunghezza della ns vita ad es, memorizzare un’intera enciclopedia o viaggiare nello spazio senza astronavi

Vita 3.0 (tecnologica): non esiste ancora sulla terra
Riprogetta anche il proprio hardware senza aspettare i tempi lunghi dell’evoluzione
È padrona del proprio destino e libera dai vincoli della sua evoluzione 

I confini sono naturalmente sfumati:
V1.0 possono essere i batteri
V1.1 ad es i topi (limiti nell’apprendimento)
V2.0 gli umani attuali
V2.1 umani con aggiornamenti hardware secondari (membra artificiali, pacemaker, ecc)
V3.0 è controverso quando si possa manifestare
Secondo alcuni sarà un risultato dell’IA già entro un secolo, in particolare IAG (generale), visto che quelle specializzate già esistono e superano le capacità umane

Gennaio 2015 convegno a Puerto Rico sul futuro della IA

Intelligenza: capacità di realizzare fini complessi
IA: intelligenza non biologica
Intelligenza ristretta: capacità di raggiungere un insieme limitato di fini (attuale IA)
Intelligenza generale: capacità di raggiungere qualsiasi fine compreso l’apprendimento (l’algoritmo finale titolo del libro letto in precedenza: un learner generale)
Intelligenza universale: capacità di acquisire un’intelligenza generale dato l’accesso a dati e risorse
IAG: capacità di svolgere qualsiasi compito cognitivo almeno altrettanto bene di un umano
Super intelligenza: intelligenza generale molto al di sopra del livello umano
IA amichevole: super intelligenza i cui fini sono allineati con i nostri
Esplosione dell’intelligenza: automiglioramento ricorsivo che porta rapidamente ad una superintelligenza
Singolarità: esplosione dell’intelligenza
Universo: regione di spazio da cui la luce ha avuto il tempo di raggiungerci nel corso dei 13,8 miliardi di anni trascorsi dal Big Bang

Sfatiamo alcuni miti:
nessuno sa quando e se si potrà manifestare la super intelligenza 
L’IA non può essere malvagia: semplicemente potrebbe divenire competente con fini non allineati ai nostri (es produzione graffette)
I robot non sono l’incarnazione della AI: ad es una AI con fini non allineati ai ns non ha bisogno di robot per distruggerci
L’AI invece potrebbe benissimo controllare gli esseri umani (come noi controlliamo le tigri perché siamo più intelligenti)
Le macchine possono avere un obiettivo (as es missili a ricerca di calore)
La preoccupazione reale è lavorare adesso per pianificare una futura realizzazione di una super intelligenza sicura (per noi)

La materia diventa intelligente (esplosione di intelligenza)
Nei 13,8 mld di anni, materia stupida e senza vita è diventata intelligente, cioè capace di realizzare fini complessi. L’intelligenza è neutra: può servire per realizzare fini considerati sia buoni che cattivi
Inoltre tendiamo ad antropizzare la difficoltà dei compiti: diciamo che riconoscere un viso è più facile di moltiplicare due numeri di 8 cifre. Vero per noi ma l’opposto per i computer 

Paradosso di Moravec

Per ora le macchine non sono in grado di progettare IA
Il perfezionamento è causato da esseri umani
Quando sarà superato questo limite si parla di singolarità 

Luca Ricolfi - La società signorile di massa

Luca Ricolfi - La società signorile di massa Luca Ricolfi, professore di Analisi dei Dati all'Università di Torino, intitola con ...